I Carabinieri nella Resistenza. Storie di lotta, deportazione e martirio in nome della libertà e della democrazia.

I Carabinieri combatterono valorosamente nelle formazioni partigiane in Italia e all’estero.

I Carabinieri in assenza nella Capitale di un Governo, organo di riferimento supremo per l’Arma dei Carabinieri, il Comandante Generale, Angelo Cerica, ritenne di dover sciogliere il Comando Generale, inviando a tutti i reparti la consegna di “restare al loro posto”, per continuare a presidiare il territorio. Fu l’occasione per ogni militare dell’Arma di assumere individualmente la responsabilità di assicurare, in ogni angolo del Paese, la protezione della cittadinanza.
E’ in questa chiave che va letto il gesto del Vice Brigadiere Salvo D’Acquisto, il quale, il 23 settembre del 1943, si assunse la responsabilità di un pretestuoso attentato ai tedeschi, in località Palidoro, per salvare la vita di ventidue innocenti civili tenuti in ostaggio. I nazisti lo giustiziarono senza esitazione ai piedi della torre da cui prende il nome il piccolo borgo della costa laziale, a pochi chilometri da Roma. Fu l’inizio di una serie di eroici atti di sacrificio di cui si resero protagonisti i Carabinieri per liberare il territorio nazionale dall’occupazione tedesca.

Non dissimile dal gesto di Salvo D’Acquisto fu l’episodio che portò i Carabinieri Alberto La Rocca, Fulvio Sbarretti e Vittorio Marandola a sacrificare la loro giovane vita per salvare quella di dieci ostaggi della comunità di Fiesole, nella cui Stazione dell’Arma prestavano servizio. Alla fine del mese di luglio del 1944 gli Alleati si accingevano a liberare Firenze, nelle cui strade le forze della Resistenza locale già contrastavano con le armi il ripiegamento dei tedeschi. Era il momento per i militari della Stazione di Fiesole, impegnati clandestinamente nella lotta ai nazisti, di unirsi alle formazioni partigiane operanti nel capoluogo toscano per contribuire all’insurrezione popolare (fonte carabinieri.it).

Come non ricordare la tremenda storia dei Duemila Carabinieri deportati nei campi di concentramento.

Il 7 ottobre 1943, a seguito dell’ordine di disarmo firmato dal criminale di guerra Rodolfo Graziani (ministro della difesa della RSI), il colonnello Kappler (noto come il boia di via Tasso) procedeva al rastrellamento ed alla deportazione di 2.000 Carabinieri di Roma.

Gruppi di paracadutisti tedeschi e di SS cominciano a circondare le caserme dei Carabinieri di Roma. I nazisti vogliono catturarli e deportarli in Germania, poiché li ritengono inaffidabili. Non pensano, infatti, che l’Arma sia disposta a esaudire alcuni ordini di Hitler, come la segnalazione e la deportazione degli ebrei.

Anche i fascisti della Repubblica sociale italiana sono felici di sbarazzarsi dei carabinieri. Non hanno infatti dimenticato che sono stati proprio i militari dell’Arma ad arrestare Mussolini. I fedelissimi del Duce non sopportano, inoltre, che molti carabinieri mantengano il giuramento di fedeltà al Re.

Ai loro occhi, tutto ciò che è riconducibile alla monarchia e agli artefici dell’armistizio con gli anglo-americani è macchiato dall’onta del “tradimento”.

L’assalto dei nazisti sorprende il personale di diverse caserme. Chi può si salva nascondendosi nei dintorni e cercando l’aiuto della popolazione, ma circa 2.000/2.500 carabinieri vengono fatti prigionieri e deportati in Germania. Comincia per loro un periodo molto provante: finiscono infatti nei campi di lavoro, dove vengono sfruttati e devono fare i conti con la fame, ma anche con i pericoli dei bombardamenti aerei. Diversi carabinieri non faranno mai rientro in Italia, poiché non sopravviveranno alla deportazione.

Pietra d’inciampo in memoria della deportazione dei carabinieri di Roma, collocata in via Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa 2, nel rione Prati, nei pressi della vecchia sede del Comando legione allievi carabinieri
In quello stesso autunno la Repubblica sociale italiana affida il controllo dell’ordine pubblico prima alla Polizia dell’Africa italiana (PAI) e poi alla Guardia nazionale repubblicana, formata dagli agenti della PAI e dai pochi carabinieri che passano dalla parte dei nazi-fascisti.

I Carabinieri del battaglione “Garibaldi”, invece, combatterono valorosamente in Jugoslavia, si affiancarono ai partigiani slavi combattendo contro i tedeschi. Al comando del capitano Elia e del tenente Mongiardini combatterono valorosamente in Dalmazia e in Bosnia, concorrevano alla liberazione di Belgrado ed entravano per primi in Zagabria.

L’Ufficiale dell’Arma Fausto Cossu, nel gennaio 1944, nell’appennino Piacentino-Ligure, formò una “Compagnia di Carabinieri Patrioti”, per poi diventare nell’Agosto una delle Divisioni della lotta partigiana.

Il Brigadiere Armando Berretti “Quattordici”, partigiano della Divisione Coduri, fucilato dai fascisti, insieme ad altri nove, alla Squazza (Borzonasca-Ge) il 15 febbraio 1945.

Il Maresciallo Antonio Canzio, partigiano combattente della Divisione Garibaldina “Coduri”, fucilato al poligono di tiro di Chiavari (Ge) il 5 Ottobre 1944. Decorato di Medaglia d’Argento al valor militare alla memoria. (Clicca qui per approfondire la storia)

Il Maresciallo Arnaldo Emigli, fucilato dai nazifascisti il 30 Ottobre 1944 a San Colombano Certenoli (Ge) insieme ad altri sette partigiani.

Il Carabiniere Albino Badinelli, fucilato a Santo Stefano d’Aveto (Ge) dai Nazifascisti (qui la storia di quei giorni: link 1 , link 2).

L’Appuntato Bertolotti G.B. nato a Bolano (La Spezia), partigiano della Divisione GL Matteotti, fucilato dai nazifascisti al poligono di tiro di Chiavari (Ge) il 4 Settembre 1944.

Il Carabiniere Giuseppe Cortellucci il 27 Gennaio 1944 i tedeschi, nell’imperiese, attaccavano la formazione partigiana al comando di Felice Cascione ad Alto, in val Pennavaira. Durante lo scontro a fuoco, Cortellucci catturato e ferocemente torturato affinché rivelasse il nome del comandante della formazione. Cascione, per far cessare il supplizio si alzò da dietro un muretto, ove era nascosto perché gravemente ferito, gridò “il comandante sono io!”, venne cosi’ catturato ed abbattuto da una raffica di mitra.

Per sei mesi Cortellucci venne seviziato dai nazisti, fino poi a riuscire a scappare per tornare nelle formazioni partigiane, precisamente nel distaccamento “Mirko” della 4° Brigata-Divisione “Felice Cascione”. Il 29 dicembre 1944 rimase gravemente ferito in uno scontro a fuoco contro l’invasore, e per non cadere nelle loro mani si suicidava a soli 20 anni. Decorato Medaglia d’Argento al valor militare.

Il 18 dicembre 1943 al Forte di S.Martino, il Tenente Avezzana Comes, con il suo plotone, si rifiutò di sparare sui patrioti condannati dal Tribunale Speciale fascista. Il Tenente Avezzana e i carabinieri del suo plotone pagarono con la deportazione in Germania il loro gesto di coraggio. Furono poi i fascisti a trucidare rabbiosamente gli otto patrioti.

Video racconto della deportazione dei Duemila Carabinieri di Roma

Clicca qui per visualizzare la Mappa digitale della Resistenza nel Tigullio.

Pubblicato da Matteo Brugnoli

Maritime Consultant

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