Rinaldo Simonetti “Cucciolo“, diciottenne di San Colombano Certenoli che mori’ fucilato gridando “Viva l’Italia!”

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Sabato 7 Marzo a Calvari in ricordo dei 10 partigiani caduti, alle ore 10:30 si svolgerà una cerimonia commemorativa presso la cappelletta del bosco delle Paie.

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 La fucilazione  dei dieci partigiani avvenne il 2 Marzo 1945 per rappresaglia. Due giorni prima, il 28 febbraio a Calvari, in un agguato a metà di salita Castello era stato ucciso l’alpino della “Monterosa” Aldo Ronconi.

I dieci avrebbero dovuto essere fucilati il giorno dopo, la sera del 1° marzo.  Erano già stati trasferiti dalle carceri di Chiavari a Calvari con un camion scoperto che sostò per un’ora al centro del paese ma vennero poi riportati a Chiavari  perchè, non essendo stata ancora emessa la sentenza di morte,  il comandante del plotone di esecuzione si era rifiutato di procedere.

La sentenza fu emessa infatti il giorno 2 Marzo dal Tribunale speciale della “Monterosa” e l’esecuzione avvenne la sera stessa. Chi era presente quando i dieci partigiani scesero dal camion per incamminarsi lungo la mulattiera che porta al Bosco delle Paie, dov’era stato approntato uno spiazzo abbattendo alcuni alberi, pote’ notare tra essi anche Rinaldo Simonetti “Cucciolo“, un ragazzo di Certenoli poco più che diciottenne.

Tra i dieci partigiani della sera precedente “Cucciolo”  invece non c’era. L’interrogativo a 75 anni dal tragico evento non ha mai avuto risposta è: “chi ha sostituito? di chi ha preso il posto?”  Si sa, per averlo riferito Don Giuseppe Minetti, l’arciprete di Certenoli chiamato sul posto per confortare i fucilandi, che Rinaldo lo salutò con un lungo abbraccio e  poi cadde gridando “Viva l’Italia!“.

Nato a San Colombano Certenoli (GE) l’11 giugno 1928, la storia di “Cucciolo” è tutta in quel suo nome di battaglia, che gli affibbiarono i suoi compagni a causa della giovanissima età e del fisico da ragazzo, quando insistette, insistette e insistette ancora per far parte dei partigiani.

Il fatto è che lui, povero ragazzo di campagna, nato e cresciuto in uno dei borghi dell’entroterra ligure, nei partigiani e nella loro battaglia ci credeva, con tanto slancio che non era soltanto spirito d’avventura, ma una sorta d’intuizione, di quelle, proprio, che hanno i cuccioli quando s’avviano sulla strada della perenne dedizione e fedeltà.

Entrato in distaccamento, addetto alla cura d’un prezioso mulo, dopo aver partecipato a tanti spostamenti da una valle all’altra dell’Appennino e azioni si trovò coinvolto nella grande avventura.

Il gruppo di garibaldini di cui faceva parte, dopo essere rimasto di copertura al comandante “Bisagno”, ferito, sino alla sua guarigione e partenza da un “casone” nella vallata di Lorsica, venne colto di sorpresa e catturato dai fascisti e dagli pseudo-alpini della “Monterosa”.

Che ci facevi con loro?“, chiesero al ragazzo. “Il Partigiano!”, rispose.

Adesso ti insegniamo noi a giocare al partigiano“, e giù botte.

Poi gli dissero che l’avrebbero perdonato, perché era così giovane. Ma quando decisero di fucilare i suoi dieci compagni, escludendolo dalla esecuzione, urlò con tutto il suo fiato: “Anche io sono partigiano come loro, insieme a loro dovete portarmi“.

Decisero, infine, di aggregarlo al gruppo: sarebbe morto, poiché lo voleva. E lo tradussero, con gli altri, al bosco delle Paie,in Val Fontanabuona, sopra Calvari; combinazione o calcolo che fosse, a un tiro di schioppo dalla sua casa:

La si vedeva biancheggiare, nella fredda luce d’inverno, tra i rami spogli dei castagni, proprio di fronte al luogo dell’esecuzione. Egli chiese al comandante del plotone un foglio di carta per scrivere ai suoi cari.

Scrisse sul foglietto di un taccuino poche parole di saluto, ma anche:

Muoio per la salvezza dell’Italia” e, con splendida ingenuità, tracciò in alto, sull’angolo della paginetta, una listarella nera, come certo aveva visto in qualche biglietto di lutto. Poi, dopo aver consegnato il foglio al cappellano, riprese posto tra i suoi compagni e si accasciò con loro, dopo la lunga scarica atroce, tra le foglie d’oro dei castagni che ricoprivano il terreno.

L’ultima lettera di “Cucciolo”

Il 2 Marzo 1995 il Circolo  Circolo Partigiano “Bisagno” e il Comune di San Colombano Certenoli realizzano una lapide che ricorda i caduti e la loro Storia:

DIVISIONE “CICHERO” BRIGATA “BERTO”
DISTACCAMENTO “FORCA”
IL 20 GENNAIO 1945 ARRIVA AL CASONE DEL “POZZO” DI
LORSICA BISAGNO FERITO. IL GROSSO DEL DISTACCAMENTO
SI TRASFERISCE IN VAL D’AVETO. IL COMANDANTE DEDO
E DODICI VOLONTARI RIMANGONO DI SCORTA A BISAGNO.
INIZIANO COSI’ LUNGHI GIORNI E NOTTI DI LOGORANTI
PATTUGLIAMENTI E AZIONI DIVERSIVE. LA SERA DEL
10 FEBBRAIO BISAGNO, ANCORA CLAUDICANTE
CON L’ASSISTENZA DI BIONDO, RAGGIUNGE IL COMANDO
DELLA “CICHERO”. LA STESSA NOTTE SOVERCHIANTI
FORZE NEMICHE ACCERCHIANO IL PRESIDIO PARTIGIANO,
CON L’OBIETTIVO DI CATTURARE BISAGNO.
ALL’IMBRUNIRE DELL’11 FEBBRAIO, DOPO STRENUA
RESISTENZA E TENTATIVI DI SGANCIAMENTO, VENGONO
CATTURATI OTTO PARTIGIANI, COMPRESO DEDO FERITO.
CARCERATI A CHIAVARI, PERCOSSI, TORTURATI, DILEGGIATI,
VENGONO TRASCINATI PER LE STRADE E ADDITATI
AL PUBBLICO DISPRESSO (sic). FRA MINACCE E LUSINGHE
VIENE OFFERTO LORO LA POSSIBILITA’ DI ARRUOLARSI
NELLE BRIGATE NERE PER AVERE SALVA LA VITA.
DOPO IL LORO SDEGNOSO RIFIUTO, SENZA PROCESSO,
IL 2 MARZO 1945 IN QUESTO BOSCO, VENGONO
BARBARAMENTE TRUCIDATI DAI NAZIFASCISTI, ASSIEME
A TRE PARTIGIANI APPARTENENTI AD ALTRE FORMAZIONI
E PRELEVATI DALLE STESSE CARCERI DI CHIAVARI.

MUOIONO GRIDANDO “VIVA L’ITALIA – VIVA BISAGNO”;
ANCORA DINO BERTETTA DI ANNI 21
CE’ CESARE TALASSANO “ 23
CUCCIOLO RINALDO SIMONETTI “ 18
FIORE SERGIO PIOMBELLI “ 18
GUIDO ROMEO NASSANO “ 21
NEMO PAOLO MOTTA “ 19
PIPPO CARLO SEMIDE “ 30
SERGIO DINO BERISSO “ 20
SCALA DOMENICO LACOPO “ 29
TIGRE QUINTO PERSICO “ 19
A MEMORIA E MONITO PER LE FUTURE GENERAZIONI.

Clicca qui per visualizzare il luogo della fucilazione nella Mappa digitale della Resistenza nel Tigullio.

Pubblicato da Matteo Brugnoli

Maritime Consultant

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